“Più ci ostiniamo a imbrigliare, deviare, controllare l’acqua e maggiori saranno i rischi che ci troveremo ad affrontare; senza equivalenti interventi di rinaturalizzazione, rimboschimento, e depaving il contenimento dei danni da eventi estremi non dipenderà da una diga in più o una in meno.
Nel nostro Paese pare sia tabù parlare di strutture idrauliche senza immaginare nuove dighe. Forse perché la parola diga fa spesso rima con dividendi delle multiutiliy che vengono poi distribuiti ai soci, cioè anche agli enti locali. Peccato che diga dovrebbe anche significare manutenzione e sicurezza, due termini spesso bistrattati dalle nostre parti, così come dimostrato dagli innumerevoli impianti disseminati per tutto il territorio nazionale, sempre più vetusti e tetri. Inoltre, l’esperienza ci insegna che, quando parliamo di dighe: costi di gestione, manutenzione, sghiaiamento non vengono mai correttamente preventivati e resi trasparenti ai cittadini, forse perché in questo modo avrebbero ulteriori elementi di valutazione e giudizio.
Ma tutto questo è in linea con una visione politica limitata, la stessa che assegna 13,5 miliardi al Ponte sullo Stretto, contro i 3 destinati dal Pnrr all’intera infrastruttura idrica nazionale. Gli eventi estremi a cui stiamo assistendo con sempre maggiore frequenza negli ultimi anni, ci impongono un lavoro enorme di messa in sicurezza dei cittadini e del bene pubblico, ma anche una lungimiranza che in passato ci è mancata. Potremo costruire tutte le dighe e i bacini di laminazione che vorremo, ma finché, a causa del consumo di suolo, il nostro territorio diverrà sempre più impermeabile all’acqua, avremo risolto solo una porzione del problema. Gli effetti dello stress da pioggia sul Piave ci impongono una riflessione sulle strategie da adottare. La Regione Veneto saprà adottare un metodo capace di coniugare timori dei cittadini e parere degli esperti, o rimarremo ai soliti impianti piovuti dal cielo?”. Lo dichiara il Consigliere regionale Renzo Masolo (Europa Verde).