Pfas: il pericolo è reale. Lo ammette anche la Regione Veneto. Con almeno 4 anni di ritardo!

Ci sono voluti quattro di proteste e di denuncia degli ambientalisti. Ci sono voluti decine e decine di studi scientifici che dimostravano l’alto rischio per i residenti dovuto alla presenza dei Pfas nell’acqua potabile, prima di far muovere la Regione Veneto, più attenta a promuovere un insulso referendum consultivo a suon di milioni di euro (14 per l’esattezza) che alla salute dei cittadini. Per tacer della tutela dell’ambiente.

Da decenni, tonnellate di sostanze perfluoro-alchiliche, i cosiddetti Pfas, utilizzate per produrre tessuti impermeabili, sono stati versati nelle falde della nostra Regione da aziende come la Miteni di Trissino, nel vicentino, contaminando un area che si estende per circa 200 chilometri quadrati e tocca 4 province venete; Vicenza in particolare, ma anche Verona, Padova e Rovigo. Un bacino di circa 800 mila residenti vittime della contaminazione!

“Che i Pfas fossero pericolosi per la salute lo si sapeva da tempo – ha commentato la portavoce nazionale dei Verdi, Luana Zanella -. Anche in nome di un elementare principio di precauzione, l’amministrazione regionale avrebbe dovuto agire per tempo. Invece, in nome della logica del profitto che caratterizza la giunta di centrodestra che governa il Veneto, l’avvelenamento è stato coperto. Solo ora che se ne vedono i risultati sulla salute delle persone e che una ricerca ha stabilito l’alta percentuale di veleni presenti nel sangue dei giovani che hanno bevuto acqua contaminata, il governatore Luca Zaia interviene. E come è che interviene? Prendendosela con Roma! Tutto fumo negli occhi per coprire l’incapacità di gestire qualsiasi problema ambientale”.

Sulla pericolo dei veleni rilevati nel sangue dei giovani in Veneto è intervenuto anche il coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli. Purtroppo è solo la punta di un iceberg di un problema drammaticamente diffuso in tutto il Paese che e’ stato finora sottovalutato dal ministero della Salute e da quello dell’Ambiente – ha sottolineato l’ambientalista in una intervista all’Ansa. – Sono milioni in tutto il Paese le persone che vivono in aree da bonificare, il cui sangue è stato contaminato da inquinanti che causano malattie e problemi seri alla salute, tra i quali il cadmio, l’arsenico, il piombo, Ddt e Pcb, il Tbbp-A e il Pbde, i perfluoroctani (Pfc) e, ultimi arrivati, il Pfas e il Pfoa. Da Priolo a Porto Torres in Sardegna, dalla Valle del Sacco nel Lazio fino a Taranto con l’Ilva passando per la Laguna di Grado e Marano in Friuli Venezia Giulia, arrivando ai casi attuali in Veneto i danni ambientali e alla salute dei cittadini sono enormi e da sempre sottovalutati”.

Una situazione drammatica purtroppo dimostrata da molte indagini scientifiche.  Alcune di queste hanno rilevato fino a 73 sostanze chimiche artificialiche dovrebbero stare da tutt’altra parte che nel sangue umano.
“Le persone analizzate da una indagine condotta dalla Detox-Svelenati, avevano età comprese tra dodici e 92 anni e appartenevano a tre generazioni diverse: nonne, mamme e figli. Ciascun componente familiare è risultato contaminato da un insieme di almeno 18 sostanze pericolose”.

Due sono le cose da fare, secondo i Verdi: controllare più severamente le aree industriali a rischio e promuovere una serie di monitoraggi epidemiologici per avere una chiaro quadro della situazione.
“Ma se non si avvia un grande piano di bonifica delle aree inquinate – conclude il leader dei verdi – e di conversione ecologica delle industrie inquinanti si rischia di dover fare i conti con un problema che coinvolgerà sempre più persone”.

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