“Essere costretti a lavorare da casa non significa mettere i figli in standby fino alle 18: la politica deve riconoscere il diritto a sussidi per aiutare i genitori nella gestione del ritmo famiglia-lavoro in questo nuovo lock-down, con un occhio di riguardo per coloro che sono esclusi dal voucher baby -sitting.”.
La Consigliera regionale di Europa Verde, Cristina Guarda, incalza la Regione su un sostegno concreto alle famiglie venete: “Sono moltissime le famiglie che in questi giorni di aggravamento delle misure anti-covid, in particolare con la chiusura delle scuole di ogni ordine grado, faticano a conciliare lavoro e assistenza ai figli. Il recente Decreto-legge del 13 marzo disciplina congedi per genitori e bonus baby-sitting, delimitando però le categorie dei possibili beneficiari e creando di conseguenza disparità di trattamento nei confronti di migliaia di famiglie che vivono un evidente momento di difficoltà. Pensiamo, ad esempio, al caso di genitori con bambini in età prescolare ed entrambi impegnati in modalità di lavoro agile o entrambi insegnati impegnati in modalità DAD. O a tutti quei genitori costretti a rimanere a casa per accudire i figli percependo metà dello stipendio o che sono costretti a rivolgersi ai nonni in piena pandemia. Come è possibile pensare che si riesca a far fronte alle esigenze di cura del minore e svolgere il proprio lavoro contemporaneamente?
Altre regioni hanno attivato una propria disciplina di carattere integrativo rispetto al bonus baby-sitting, come nel caso dell’Umbria. Mentre il Veneto, nonostante l’approvazione lo scorso anno della legge regionale su famiglia e natalità, non ha ancora assunto provvedimenti specifici.
Per questo ho presentato una interrogazione per chiedere alla Giunta regionale se intenda attivare interventi autonomi e integrativi rispetto alla legge statale, perché non possiamo lasciare sole le tante famiglie che faticano a svolgere quotidianamente l’attività lavorativa senza supporto nell’accudimento dei propri figli. Smettiamo di beatificare lo smart-working o il telelavoro quando non riusciamo nemmeno ad offrire garanzia minime ai lavoratori costretti a lavorare da casa.”