La replica del Commissario straordinario del Consorzio di bonifica Brenta, dott. Luigi De Lucchi, alle osservazioni del dott. Giustino Mezzalira sulla gestione della cassa di espansione sul torrente Riale lascia irrisolte molte delle preoccupazioni sollevate e anzi pone nuovi interrogativi sull’approccio con cui vengono gestite opere che dovrebbero rappresentare un modello di multifunzionalità. E, tenendo conto che il 3 luglio, proprio a seguito di queste pratiche a mio avviso inutili e dannose, ho depositato un’interrogazione in Consiglio regionale, rinnovo le mie perplessità, preoccupato che queste pratiche vengano utilizzate anche dagli altri Consorzi di bonifica della nostra Regione.
Nessuno nega il valore della cassa di espansione in quanto infrastruttura idraulica: la sua realizzazione ha avuto effetti positivi in termini di laminazione delle piene, come dimostrano gli eventi meteo dell’ultimo anno. Ma proprio perché queste opere si rivelano così importanti, va ribadito con forza che esse non possono essere considerate solo “contenitori” da riempire, svuotare e ripulire meccanicamente. È inaccettabile che, senza alcuna urgenza idraulica, il fondo della cassa sia stato quasi interamente trinciato in pieno periodo riproduttivo, con gravi conseguenze per flora e fauna. È accaduto a fine giugno: un momento in cui la biodiversità esplode.
La vegetazione che cresce spontaneamente in questi ambienti (erbe, arbusti, siepi, e che non è necessariamente infestante) non è solo compatibile con la funzione idraulica, ma la rafforza: rallenta i flussi, ottimizza l’assorbimento e la filtrazione dell’acqua, contribuisce alla fitodepurazione di acque sempre più spesso inquinate, e riduce l’erosione del suolo. Soprattutto, non costituisce ostacolo o volume che toglie spazio all’acqua. Questo lo sanno bene i tecnici più aggiornati, e lo dimostrano esperienze virtuose in molte parti d’Italia ed Europa. È per questo che mi stupisce la rigidità della replica del Commissario, che sembra ancorata solamente ai principi dell’ingegneria idraulica, ma che esclude a priori altri aspetti di fondamentale importanza.
Anche il riferimento al Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, appare poco centrato. Il Presidente non è un tecnico e, se ha parlato di un possibile ampliamento della cassa, immaginiamo che l’abbia fatto sulla base di pareri ricevuti. Ma se davvero si ritiene necessario realizzare nuove casse, allora è fondamentale che esse vengano progettate e gestite in modo integrato, meno impattante possibile, valorizzando anche la loro funzione naturalistica. Su questo punto siamo pienamente d’accordo: servono più casse, diffuse e ben mantenute. Ma il mantenimento non può coincidere con la cancellazione sistematica di tutto ciò che è vivo.
Inoltre, le casse andavano studiate, progettate e realizzate prima di costruire un’infrastruttura come la SPV, così impattante, non dopo, quando ci si rende conto che quest’opera rischia di andare sott’acqua ogni volta che piove. I veneti sono stanchi di farsi prendere in giro e, come sempre… di pagare, pagare, pagare!
Mi stupisce però l’ipocrisia di fondo del Presidente uscente Zaia: da una parte si investe in casse di espansione per affrontare le emergenze idrauliche, dall’altra si continua a consumare suolo senza sosta, proprio nei territori attraversati dalla Superstrada Pedemontana e soprattutto in prossimità dei numerosi caselli. È questo il vero paradosso. Già la SPV ha consumato suolo, intaccando fortemente gli equilibri idrogeologici e inquinando le acque, ma a Colceresa – dove si trova la cassa in questione – si stanno approvando nuovi insediamenti residenziali, oltre che commerciali e industriali, a ridosso dell’infrastruttura, in aree già ora colpite da criticità idriche e per le quali è necessario osservare la salvaguardia (non più con criteri geografici, bensì con criteri idrogeologici) che la legge impone. È lecito chiedersi: il Presidente Zaia, che inaugura le casse, come può giustificare questo continuo consumo di suolo? E il Consorzio di bonifica Brenta, che ha già partecipato alla prima conferenza dei servizi per una richiesta di nuova costruzione di un nuovo insediamento industriale a poche centinaia di metri dalla cassa di espansione, si assumerà la responsabilità di opporsi all’ennesima colata edilizia o si limiterà a tacere durante la prossima conferenza dei servizi decisoria? Che suggerimenti darà il Consorzio di bonifica al Sindaco di Colceresa che presiederà la conferenza?
Nella mia interrogazione del 3 luglio 2025 ho chiesto alla Regione Veneto se è a conoscenza del fatto che pratiche come quelle adottate sul Riale – sfalci totali, in pieno periodo riproduttivo, senza monitoraggi naturalistici – siano ormai prassi anche in altri consorzi del Veneto. Perché, se così fosse, siamo davanti a un problema sistemico. E allora la Regione non può più restare a guardare: deve intervenire, stabilire linee guida vincolanti, definire calendari di manutenzione ecocompatibili e promuovere una gestione delle casse che riconosca anche il loro valore naturalistico e paesaggistico.
Le casse di espansione possono e devono essere strumenti di sicurezza, ma anche presìdi ecologici nel cuore della pianura urbanizzata. Un patrimonio da proteggere, non da annientare con i mezzi meccanici.
Non creiamo inutili e strumentali divisioni tra tecnici e ambientalisti: chi lo fa inganna l’opinione pubblica deliberatamente. L’ambiente va tutelato in tutti i modi, allontanandosi dalle ideologie e dalle prese di posizione a priori; questa è la priorità assoluta. E questo si può fare se tutti e tutte diventiamo più consapevoli e corresponsabili.
Consigliere Regionale
Renzo Masolo (Europa Verde)