di Eugenia Fortuni * – L’emergenza dovuta al covid, sta mostrando i limiti di un sistema scolastico per molti versi obsoleto.
Iniziamo dagli edifici.
La gran parte degli edifici scolastici in Veneto sono decrepiti.
Eppure ci sono finanziamenti, che dovrebbero essere distribuiti proprio dalla Regione, per ristrutturare o costruire ex novo gli edifici scolastici.
Ci sono pure finanziamenti per la costruzione di “scuole innovative e a basso impatto ambientale”.
Il punto è che i nostri figli e figlie a scuola dovrebbero stare bene. Le neuro-scienze ci dicono che è in questa condizione bio-chimica di benessere fisico che l’apprendimento avviene al massimo dell’efficacia. Meravigliosi a questo proposito gli studi della Professoressa Lucangeli dell’Università di Padova.
La prima imprescindibile condizione per il benessere umano è la presenza di una adeguata quantità di ossigeno. Senza di ciò i riflessi sono rallentati e la concentrazione diminuisce. Tutto il bioritmo ne risente, ecco gli sbadigli degli studenti che non sono solo noia, sono anche un riflesso del corpo che ricerca ossigeno.
E in tempi di Covid vale la pena ricordare che le condizioni in cui il nostro sistema immunitario funziona al meglio sono quelle con una adeguata quantità di ossigeno. È anche intuitivo comprendere che restare immersi nella CO2 è restare immersi nel nostro materiale di scarto, come se bevessimo la nostra pipì.
Ecco perché è importante un buon ricircolo d’aria nelle classi, o, meglio ancora, che almeno una parte delle lezioni si svolgano all’aria aperta.
Ma che accade se in una scuola qualsiasi del Veneto apriamo le finestre per far circolare l’aria? Prendo ad esempio quella dei miei figli. Accade che entrano due altre cose assieme all’ossigeno: gas di scarico delle auto e quant’altro di inquinante c’è nella nostra aria, e poi rumore, rumore di auto, di autobus, di lavori stradali, insomma inquinamento acustico.
Dunque non basta che gli edifici in sè siano di qualità, è anche necessario che siano collocati in una zona di qualità. E la qualità del luogo è maggiore, tanto maggiore è la densità degli alberi che la circondano. Abbiamo bisogno di scuole circondate da alberi. Gli alberi, lo impariamo proprio a scuola, assorbono la CO2 e immettono ossigeno nell’aria, quindi allo stesso tempo diminuiscono l’inquinamento e aumentano la densità nell’aria del nostro elemento vitale. Gli alberi creano uno scudo attorno alla scuola, che protegge i nostri ragazzi e ragazze dall’inquinamento dell’aria, ma anche dall’inquinamento acustico, poiché assorbono il suono, inoltre rinfrescano garantendo una buona ombra nei mesi caldi e mitigano vento e pioggia nei mesi freddi.
E perché non possiamo avere le piante dentro le scuole, in linea con le più avanzate ricerche di bio-architettura, ad assorbire CO2, e ad allietare gli occhi di studenti e insegnanti?
Un’ultima cosa: quando mio figlio apre la finestra a scuola, vede edifici grigi degli anni ‘60, strade, macchine. Che accadrebbe se vedesse alberi? Vedrebbe bellezza. Una bellezza che ha degli effetti anche sull’umore. Anche qui le neuro-scienze ci aiutano a capire come il verde sia il colore che più ci rilassa e mantiene la concentrazione, porta benessere, rallenta il battito, migliora la respirazione. Che vogliamo di più?
Oltre a essere spesso decrepiti, gli edifici scolatici veneti sono in gran parte brutti. Studentesse e studenti invece si meritano la bellezza. Vi ricordate il famoso romanzo “Io speriamo che me la cavo”? Il bambino protagonista che vedeva tutto in decadenza attorno a sè, tutto sgarruppato e si diceva “a volte mi sento sgarruppato pure io?” E’ così infatti, se siamo immersi in un ambiente fatiscente o comunque poco curato, tendiamo a sentirci meno gioiosi, meno entusiasti. Tendiamo a sentirci “poco curati” e “poco importanti”. Se il posto dedicato a me, che le istituzioni hanno fatto per farmi passare gli anni più delicati della mia vita, infanzia e adolescenza, è un posto brutto, poco curato, grigio, sgarruppato, che considerazione hanno di me le istituzioni? Che valore danno a me, alla mia sensibilità, al mio tempo?
Ciò che ti circonda influenza di sicuro come ti senti. Davanti a una discarica provi certe sensazioni, davanti a un prato verde ne provi altre, davanti a un bel quadro altre ancora. Davanti a muri grigi, a intonaci con tinte da ospedale come ci sentiamo? Come si sentono i nostri ragazzi?
Il messaggio che diamo alle nostre figlie e figli è che va bene che stiano in ambienti svalutati, pazienza se si sentono svalutati anche loro.
Invece io voglio che arrivi il messaggio che loro sono il nostro bene più prezioso. I bambini, le bambine, le ragazze, i ragazzi, sono il nostro potenziale: vogliamo abbattere questo potenziale con la tristezza, o lo vogliamo coltivare al meglio con la bellezza?
La bellezza che ti fa sentire bella dentro, leggera, profonda, come quando guardi un quadro di Monet, magari.
E come si sentirebbero gli insegnanti a lavorare in un bel posto? Una scuola che assomigli meno a una caserma e più a un laboratorio di idee? Forse si sentirebbero meno dei generali che devono mantenere l’ordine, e più dei bravi giardinieri che coltivano le menti dei nostro figli. Forse anche le insegnanti si sentirebbero valutate, apprezzate, più gioiose ed entusiaste.
Un pensiero anche alla sicurezza. Io mi chiedo come possa essere un punto su cui dobbiamo discutere. Purtroppo invece dobbiamo ricordare che non tutte le scuole sono sicure. Non sto pensando solo alle misure anti-sismiche, che in un paese come il nostro dovrebbero essere sempre in cima alla lista. Parlo anche di pericoli forse più insidiosi perché meno evidenti. Nelle adiacenze di molti edifici scolastici troviamo ad esempio coperture di buon vecchio eternit. E in molte scuole si trovano pavimentazioni di lineolum che sono incollate con una colla nera, purtroppo quel tipo di colla è a base di amianto. Già.
Infine, il punto che preferisco. La scuola deve essere uno dei nodi centrali della comunità. La Regione può finanziare progetti ad hoc per creare reti solide tra famiglie e insegnanti, tra le famiglie stesse, tra la scuola e le altre istituzioni.
Ogni essere umano ha bisogno di appartenere, di sentirsi parte di un gruppo, di una comunità. Certe derive politiche non fanno che sottolinearlo in fondo, ma portando le persone a credere che appartenere sia in contraddizione con accogliere. Invece penso che una comunità solida non teme di accogliere l’altro. Sia l’altro il disabile, l’immigrato, il gay.
La scuola può insegnarci a essere una comunità che include, non una comunità che esclude.
C’è molto da fare per rendere le scuole ciò che dovrebbero essere. Un luogo di benessere, ombelico della comunità, culla delle idee che salveranno il genere umano da se stesso. Io voglio fare questa scuola. Io voglio fare politica per avere questa scuola.
* educatrice e presidente dell’associazione Mater Femina. Candidata elezioni regionali Veneto 2020 – Europa verde